venerdì 17 gennaio 2014

Come fare visualizzare le immagini del proprio sito in Google Images


Google Images è uno dei più importanti strumenti messi a disposizione da Google per i suoi utenti. Quando si effettua una ricerca per immagini, Google seleziona quelle più attinenti alla richiesta dell’utente scegliendole tra quelle pubblicate sui siti internet.
È quindi indispensabile avere uno spazio web sul quale caricare le proprie immagini, che sia un sito, un social network come Google Plus, un blog o un sito che offre servizio di hosting. Non è invece possibile caricare immagini direttamente su Google Images.

Per fare in modo che Google mostri nei suoi risultati di ricerca le immagini di un sito web (proprio come fa con le pagine web), ci sono precise linee guida da seguire.
Per prima cosa, indispensabile altrimenti il lavoro successivo è del tutto inutile, il sito (lo spazio) sul quale è caricata l’immagine deve essere pubblico, ossia accessibile a tutti, perché solo così Google può inserirla tra i suoi risultati. Nel caso di Google+ la fotografia deve avere un livello di privacy impostato su “Pubblica”.

Gli altri accorgimenti per far sì che una determinata immagine risulti ai primi posti nei risultati di ricerca di Google Images sono:

  • Presenza di un testo descrittivo
    Quando si carica un’immagine questa deve avere anche un testo che la descriva, o un nome, che dica cosa è raffigurato. Meglio se il testo è vicino all’immagine. Questo testo descrittivo può essere nel tag “ALT” o in una didascalia.
    Esempio di utilizzi del tag “ALT”
    <img src="gatto.jpg" alt=""/> Uso sbagliato di “ALT”
    <img src="gatto.jpg" alt="gatto"/> Uso corretto di “ALT”
    Meglio se: <img src="gatto.jpg" alt="gatto tricolore che dorme">
    Da evitare: <img src="cat.jpg" alt="gatto nero gattino micio piccolo gatto micetto gattini cucciolata gatto persiano gatto siamese europeo cibo per gatti alimenti per gatti"/>
    In quest’ultimo caso, inserire troppe parole chiave può risultare controproducente perché riduce la qualità del servizio fornito all’utente ed, anzi, potrebbe anche essere considerata come azione di spam.
  • Foto di alta qualità
    La bellezza di un’immagine, la sua limpidezza, è il modo migliore per attirare utenti verso il proprio sito internet.
  • Saper aspettare
    I motori di ricerca non visualizzano subito le immagini presenti su uno spazio web nelle proprie SERP. Ci vuole un po’ di tempo perché il sito deve essere indicizzato da Google. 

mercoledì 15 gennaio 2014

Hummingbird e penalizzazioni


Hummingbird è il nuovo algoritmo che Google ha lanciato qualche mese fa. Contrariamene a quanto avveniva in passato, quando al massimo Google introduceva “semplici” aggiornamenti (come per esempio Penguin), Hummingbird – in italiano è conosciuto con il nome di Colibrì – rappresenta un cambiamento molto importante apportato dal motore di ricerca più usato al mondo.

Si tratta di una rivoluzione che riguarda da vicino quella che è stata definita “ricerca conversazionale”, ossia un tipo di ricerca basata su un dialogo più umano tra utente e motore di ricerca.

Questa novità ha fatto subito tremare le gambe ai webmaster, che hanno pensato a possibili penalizzazioni dei propri siti nei risultati della SERP. In realtà, non è così. Google, con l’introduzione di Hummingbird non ha voluto penalizzare i siti internet e il loro posizionamento, ma ha cercato di avvicinarsi di più al modo di pensare (e di agire) dei suoi utenti. Adesso, infatti, non verranno più prese in considerazione solo determinate parole chiave quando si effettua una ricerca, bensì l’intera query. In questo modo Google sceglie di dare una maggiore importanza alla comprensione totale di una frase in tutte le sue parole.

Questo, si diceva, non compromette la reputazione online del sito in termini SEO. A sostenerlo è lo stesso team di Google che ha affermato che non ci sono stati improvvisi stravolgimenti e conseguenti penalizzazioni. La logica con la quale Google sceglie di premiare un sito piuttosto che un altro all’interno delle ricerche è sempre legata alla qualità e all’originalità dei contenuti proposti.

Esempio precedente l’introduzione dell’algoritmo Hummingbird ipotizzando di cercare un negozio di scarpe a Brescia:
Parole digitate nel motore di ricerca: negozio scarpe brescia
Con l’introduzione di Hummingbird la stessa ricerca può essere effettuata scrivendo una frase completa di senso compiuto: dove comprare scarpe vicino alla Stazione di Brescia (che sarebbe un’ipotetica zona dove voglio comprarle)

lunedì 13 gennaio 2014

Cosa vuol dire “Not Provided” in Google Analytics?

È ormai da qualche mese che in Google Analytics la locuzione “Not Provided” sta acquistando un’importanza sempre maggiore.
Ma cosa si intende per “Not Provided”? Il termine si riferisce all’azione di Google di nascondere in Analytics le keywords, cioè le parole chiave che gli utenti digitano quando navigano sul web e sono loggati con il proprio account Google.
Questo vuol dire che nei report di Analytics non compaiono più tutte quelle parole chiave che gli utenti, da loggati, hanno digitato per arrivare al sito generando un certo tipo di traffico. Tutte le ricerche sono indistintamente raggruppate nella dicitura “Not Provided”.
Da parte sua, Google ha tenuto più volte a precisare che questa scelta è strettamente connessa alla privacy dei suoi utenti. Ma ha altrettanto provveduto ad assicurare che avrebbe riguardato una percentuale di ricerche piuttosto bassa (si è parlato di un 2-3%).
C’è da specificare, però, che questo “divieto” non riguarda proprio tutti. Gli inserzionisti Adwords che hanno una campagna attiva, infatti, possono risalire a tutte le parole chiave digitate dagli utenti per arrivare al sito.  Sarà questo forse un modo per “invogliare” aziende e utenti a fare campagne pubblicitarie?
Sta di fatto che questo rappresenta un serio problema (anche se non insormontabile, se si utilizzano in maniera giusta tutti gli strumenti che il web mette a disposizione) in quanto compromette la corretta valutazione dei dati e di conseguenza la definizione di corrette strategie marketing. La percentuale relativa alle keywords nascoste, e quindi la percentuale di “Not Provided”, deve tenere conto di alcuni fattori tra cui: lingua, demografia, natura del sito.
Probabilmente, con l’aumento sempre maggiore di utilizzo di Google+ aumenterà anche la percentuale di “Not Provided” perché saranno sempre di più gli utenti che effettueranno ricerche loggandosi al motore di ricerca più diffuso al mondo.